La salvaguardia dei rotabili di valore storico anche in Italia si è ormai affermata, a partire da varie azioni messe in campo, alcuni decenni fa, da associazioni o da singoli appassionati, che, in molti casi, oltre alla preservazione hanno promosso e agito direttamente anche per il loro restauro sino al recupero degli stessi all’esercizio, anche con la organizzazione di treni storici.
Naturalmente, tali azioni nella maggior parte dei casi sono state rese possibili in quanto basate sulle disposizioni normative in materia di beni culturali. Dal 2004 il riferimento è il D. Lgs.vo n. 42 del “Codice dei beni culturali”, con le sue successive modifiche e integrazioni, che ha sostituito il D. Lgs.vo n. 490 del 1999.
Le caratteristiche richieste affinché si possa avviare la procedura di vincolo di un mezzo ferroviario sono note: è necessario il preliminare riconoscimento del valore culturale, storico, etnoantropologico dello stesso. L’iniziativa di richiesta del vincolo può essere avviata dal proprietario o (come più spesso accade) da soggetti terzi che hanno a cuore le sorti di specifici rotabili. Ci piace sottolineare che la Sicilia è stata pioniera nell’uso, nel campo dei mezzi ferroviari, di tale strumento (anno 2003 - Vincolo della locomotiva Gr. 740 300, del carro VUHK 711 2 901 1, della locomotiva R301 027 a s.r.).
Giova ricordare che anche l’età del rotabile gioca un ruolo rilevante, in termini di tutela “potenziale”: per effetto della lettera g) dell’art. 11 del Codice i rotabili che hanno più di settantacinque anni sono “beni oggetto di specifiche disposizioni di tutela”. Ciò comporta la decisione del proprietario di procedere alla demolizione di un rotabile che è stato costruito da più di settantacinque anni è soggetta comunque alle disposizioni del D.Lgs.vo 42/2004.
Inoltre, in molti casi si è fatto riferimento, molto opportunamente, sia al comma 1 dell’art. 10, che include tra i beni culturali le cose mobili e immobili che rivestono interesse etnoantropologico, sia alla lettera h) del già citato art. 11, che indica come oggetto di specifiche disposizioni di tutela anche “i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni”.
Paradossalmente, lo strumento del vincolo su un mezzo ferroviario può, ma in modo improprio, essere indicato anche come motivo di impedimento al suo restauro e recupero funzionale. Non si tratta di una ipotesi, purtroppo.
Per quanto si possa comprendere che l'adozione del vincolo, quando non preventivamente concordato, possa essere “subito” dal proprietario del bene tutelato, sono molti i casi in cui esso ha evitato che rotabili anche di grande interesse fossero demoliti. Una affermazione tanto vera quanto oggettiva, dimostrata in più occasioni in cui si è dovuto constatare che la mancanza di questo strumento di tutela ha portato alla perdita di mezzi dalle caratteristiche uniche. Certamente la apposizione del vincolo avrebbe evitato la demolizione della locomotiva a vapore Gr. 981 006, evento spiacevole di cui abbiamo riferito anche sul nostro sito.
È pure vero che ciò che il vincolo impedisce alla fiamma ossidrica del proprietario… può essere ottenuto in modo più lento e per questo “subdolo”, comunque ugualmente irreversibile, dal tempo e dall’incuria. In sintesi: non basta la apposizione di un vincolo per scongiurare la perdita di un bene. Una affermazione purtroppo confermata da numerosi casi in tutta Italia. In Sicilia, l’esempio più eclatante è il patrimonio a scartamento ridotto FS: basta soffermarsi a guardare l’attuale stato di conservazione della locomotiva R301 027, salvata dalla fiamma ossidrica prima dall’iniziativa di un privato, l’Avv. Silvio Forti (leggi: R301.027 - la storia recente, Castelvetrano-Marsala andata&ritorno (con il Pfv 60055) ) e successivamente grazie a un decreto di vincolo. Ora questa macchina dal valore inestimabile giace accantonata all’aperto, pur essendo rientrata nelle disponibilità del Gruppo FS, e al momento non sembra vi sia un reale progetto di recupero e salvaguardia da parte del proprietario.
Altro esempio è l’automotrice ALn 990 1005 che, seppur in condizioni di estremo degrado, è stata preservata grazie alla emissione di un vincolo di tutela (4 marzo 2011), una misura che ha permesso di far giungere fino ai nostri giorni l’ultimo esemplare in assoluto di questo gruppo di automotrici. A proposito di questo importante rotabile storico, ricordiamo che l’apposizione del vincolo ha consentito di garantire che la ALn 990 1005 rimanesse in Sicilia (dove è stata in servizio a partire dal 1964). Dato il valore del rotabile, non appare facile comprendere il motivo per cui (se si esclude l’iniziativa di alcuni attuali soci di SiT, che in accordo con la Direzione Regionale di Trenitalia compilarono nel 2009 un progetto di restauro che fu presentato per un finanziamento del Ministero dei Beni Culturali), questo esemplare unico successivamente non sia mai stato preso in considerazione per un completo restauro estetico e funzionale. Infatti, come è ovvio, il vincolo non impedisce un eventuale temporaneo allontanamento del rotabile dal territorio regionale siciliano, se finalizzato, appunto, a un restauro e a un suo ritorno in Sicilia. A meno che questo obbligo non renda privo di interesse il recupero.
Altro effetto positivo del vincolo è costituito dal già citato superstite parco rotabili a scartamento ridotto presente a Castelvetrano, salvatosi grazie a vincoli emessi per iniziativa anche di alcuni dei soci fondatori di SiT, nel 2013, quando si procedette alla demolizione di numerosi altri mezzi ivi accantonati, in condizioni di degrado assoluto anche per effetto di numerosi incendi che nel tempo hanno interessato l’area in cui erano accantonati.
Come ricordato, un altro esempio, negativo, è la già citata locomotiva Gr. 740 300, le cui condizioni generali di conservazione non sono certamente migliori di quelle nelle quali si trovava la Gr. 981 006. Dopo decenni di abbandono, la 300 è stata trasferita dal deposito di Castelvetrano al chiuso presso il deposito di Palermo Brancaccio. Evidentemente, seppure con un ritardo difficilmente colmabile, il vincolo apposto su questo rotabile nel 2003 ha mostrato una sua efficacia.
Approfondiamo adesso quali sono gli effetti pratici del vincolo sul bene tutelato.
Per prima cosa, appare importante sottolineare che il decreto di vincolo prescrive esplicitamente la custodia e la tutela. Inoltre, qualsiasi intervento su esso deve essere effettuato sulla base di un progetto approvato dalla Soprintendenza competente. Anche lo spostamento del mezzo, che è tutelato anche sul piano territoriale, deve essere autorizzato. Il bene può essere restaurato esteticamente e funzionalmente, può essere destinato a una esposizione statica o a un uso operativo (a tal riguardo si fa riferimento al registro dei rotabili storici previsto dalla Legge 128 del 2017). In sostanza il naturale destino di un mezzo ferroviario vincolato è il restauro, la conservazione, la rivalorizzazione e, certamente, la fruizione pubblica, che da sola dà senso a tutte le operazioni precedenti.
Da quanto sopra, si può comprendere, senza però giustificare, come il proprietario del bene vincolato possa sentire di “subire” il decreto di vincolo su una sua proprietà, di cui continua a mantenere l’onere della tutela e gestione. Il proprietario è chiamato a “rendere conto” (con richieste, progetti, iter autorizzativi) di ogni azione che riguarderà il bene tutelato. Certamente, per il proprietario ciò equivale a una complicazione nella gestione del bene, per un vincolo che dovrebbe escludere trascuratezza e abbandono.
Obiettivamente, occorre considerare la scarsezza di risorse volte a garantire, come richiede la legge, la tutela e il restauro dei beni vincolati. Non si fa riferimento soltanto all’aspetto finanziario dato che, nel caso del Gruppo FS, recenti notizie di ingenti somme impegnate per il recupero funzionale di importanti esemplari rappresentativi della tecnica ferroviaria italiana non lasciano dubbi in proposito.
Osservando come esempio "tipo" il caso del parco rotabile FS a scartamento ridotto (proprietà, oggi, di Mercitalia s.p.a.), ci si riferisce alla circostanza che il proprietario non ha ovviamente nella propria missione aziendale la salvaguardia di rotabili d’epoca, né verosimilmente dispone di figure o uffici con competenze per la tutela di rotabili ferroviari d’epoca, con tutto quel che ne consegue. Un problema risolto con la creazione della Fondazione FS Italiane, ovvero con la costituzione, all’interno del Gruppo FS, di un apposito soggetto con la missione della tutela, salvaguardia e valorizzazione dell’immenso patrimonio storico delle Ferrovie dello Stato.
Non è un caso, quindi, che sin dall’avvio dell’opera di tutela dello scartamento ridotto siciliano, nel 2013, si è registrato il coinvolgimento ufficiale e fattivo della Fondazione FS: tale soggetto ha gestito negli scorsi anni varie azioni di recupero sui mezzi accantonati a Castelvetrano, seguendo proficuamente accordi e dinamiche interne alle società del Gruppo FS, per quanto né i rotabili né le infrastrutture appartengano a Fondazione FS.
È bene inoltre sottolineare che all’avvio delle operazioni di restauro dei rotabili è stato redatto, per il parco rotabile a s.r., un progetto che ha ottenuto il “nulla osta” della Soprintendenza BB. CC. di Trapani. Ciò ha consentito il restauro estetico dei primi due carri (a cui, si spera, ne seguiranno altri). La produzione documentale fu curata attivando virtuose collaborazioni con alcuni degli attuali soci fondatori di SiT, che misero in campo le proprie professionalità donando, in regime di volontariato, prima lavoro di ingegno, successivamente la manodopera ed intervenendo così, a costo zero, con azioni concertate alla conservazione dei beni vincolati.
È quindi possibile fare riferimento a esempi pratici che attestano che un bene vincolato è perfettamente gestibile, peraltro in modo poco o nulla oneroso se si coinvolge il volontariato (la possibilità di trovare e attingere da risorse pubbliche, nazionali o comunitarie, di varia natura, una volta ottenuto con il vincolo il “riconoscimento” di bene culturale del mezzo ferroviario, merita una trattazione a parte). Tuttavia, risulta evidente che permane una insofferenza del proprietario su tale impegno (così come spesso anche sul coinvolgimento di volontari). E uno dei punti più controversi, come già anticipato, appare essere la possibilità di spostamento definitivo di un rotabile vincolato.
Il gruppo FS ha tante volte previsto, per decisioni interne legate a programmi di gestione, tutela e valorizzazione dei propri beni, lo spostamento di rotabili storici in luoghi diversi dal contesto territoriale di appartenenza degli stessi, contesto di solito identificabile in base alla permanenza degli stessi nel corso del loro servizio. Una pratica, in vari casi condivisibile e certamente razionale, diventata assai comune negli ultimi anni, da quando cioè è nata la Fondazione FS e ad essa è stata affidata la gestione del parco storico FS.
Nel caso di rotabili sottoposti a vincolo di natura culturale ed etnoantropologica questa possibilità viene certamente meno, dato che il vincolo sancisce in maniera definitiva la relazione con il contesto territoriale al quale il bene appartiene e con la comunità locale, per la quale il bene costituisce elemento identitario.
Come già evidenziato, però, il vincolo non impedisce lo spostamento temporaneo del bene ai fini del restauro, secondo le procedure appositamente previste. È cioè possibile inviare il rotabile vincolato a officine specializzate anche al di fuori del territorio regionale, fatto salvo l’obbligo del proprietario, alla fine del percorso di recupero del bene, di riportarlo nel territorio al quale è vincolato.
Quanto abbiamo esposto circa l’effettivo valore e l’efficacia di un vincolo non aiuta a giustificare in maniera accettabile l’ipotesi (“suggerita” spesso in modo più o meno ufficioso da soggetti titolati) che il motivo per il quale il proprietario di un bene vincolato decida se investire o no su rotabili storici sia legato al fatto che essi poi essi soggiornino in un territorio piuttosto che in un altro. In tale ipotesi, la decisione di sottrarsi a quelli che sono a tutti gli effetti obblighi di legge, potrebbe brutalmente essere spiegata come una mancanza di interesse (se non addirittura come un inaccettabile pregiudizio) nei riguardi proprio del territorio al quale i beni vincolati sono inscindibilmente legati. Il caso di Castelvetrano e l'attuale stallo nelle operazioni di recupero del patrimonio a scartamento ridotto (Deposito Locomotive di Castelvetrano – Il punto della situazione) sembra, in questo senso, emblematico.
Diverso sotto il medesimo punto di vista (e più comprensibile, sul piano della gestione e valorizzazione dei rotabili storici), appare il caso della ALn 990 1005, che potenzialmente potrebbe circolare, una volta restaurata, su tutti i binari della penisola, ma, per via del vincolo, un domani dovrebbe correre unicamente sui binari siciliani.
In Sicilia si sta vivendo da anni una situazione di stallo nella gestione di molti rotabili vincolati le cui spiegazioni, quando fornite, risultano inaccettabili e i cui effetti possono essere disastrosi.
Occorre dunque affrontare tempestivamente, insieme al proprietario/gestore, e con il coinvolgimento di enti e soggetti portatori di interesse dei territori a cui i mezzi sono vincolati, tutte le criticità che oggi impediscono la effettiva tutela e il restauro dei rotabili presenti in Sicilia il cui valore storico, culturale, tecnico, etnoantropologico è riconosciuto per legge.
Il primo passo da fare è la programmazione della più corretta forma di salvaguardia di questi rotabili, con la loro preservazione al coperto in locali idonei; il secondo è la effettuazione, in tempi contenuti, del restauro degli stessi. Il terzo passo è la valorizzazione dei rotabili storici restaurati con la fruizione del pubblico, nel territorio al quale essi sono vincolati, sia in termini di musealizzazione, sia (auspicabilmente) mediante un loro utilizzo in manifestazioni con convogli storici.