Con questo confronto fotografico vogliamo aprire una serie di riflessioni sul potenziale inespresso della “nostra” ferrovia Castelvetrano-Selinunte. Un’immagine vale più di mille parole e siccome, mettendo il naso appena fuori dalla porta di casa (Italia), gli esempi certo non mancano, siamo certi, con tale artificio, di veicolare un messaggio forte e diretto: la ridotta sicula più conosciuta non è solo ruderi e resti di un passato glorioso. Va cioè svelato ai più il reale valore turistico e di sviluppo potenziale del territorio (quello culturale è già assodato per fortuna) che i mezzi e le infrastrutture superstiti dello scartamento ridotto siciliano, miracolosamente giunti fino a noi, hanno. Un “tesoro” che andrebbe accudito, restaurato e riportato a nuova vita, (all’estero si sarebbe fatto da tempo) e che invece giace non sfruttato.
Il paragone proposto oggi riguarda le stazioni o meglio, la vita che anima (o dovrebbe animare) questi luoghi. Ci riferiamo naturalmente alle ferrovie turistiche. Le stazioni a servizio delle tratte ferrate, se “baciate dalla fortuna” di trovarsi in punti strategici (e sfido a dire che ergersi di fronte, ad esempio, l’entrata di un Parco Archeologico non sia un buon posto), e se opportunamente rinnovate con i giusti accorgimenti architettici in modo da essere “consegnate a ciò che oggi si definisce “turismo lento”, quello di qualità, divengono catalizzatori al pari di qualsiasi altro luogo di interesse storico/culturale. Musei, vetrine a cielo aperto. Piazze nelle quali sostare, non solo attendere. Concetti assai diversi.
Ebbene, diamo un’occhiata a questo collage fotografico proposto, partendo dalla sinistra: nella prima immagine possiamo vedere la stazione di Selinunte, così come si presentava negli anni ’70. Una tranquilla, ordinata fermata della nostra amata linea; due simpatiche RALn 60, come quelle che, pur vincolate in quanto beni culturali, giacciono a Castelvetrano (e curiosamente l’unità 11 della foto è tra le 4 sopravvissute…), si incrociano lungo le piccole banchine della stazione; la gente sale e scende dal treno, a testimonianza, nonostante la soppressione avvenuta da lì a qualche anno, della vitalità della tratta e della validità di questo vettore di trasporto (checché ne dicano le scellerate politiche dei rami secchi degli anni ’80) che univa Castelvetrano ad Agrigento.
Bene, questo è il “com’era”.
Facciamo ora, osservando l’immagine centrale, un salto nella Ex Germania dell’est. Qui molte cose, si direbbe “grazie” all’arretratezza economica e tecnica della DDR, si sono fermate agli anni ’50; e in tale stato furono consegnate nel momento dell’unificazione. Una di queste è la ferrovia (a scartamento ridotto) dell’Hartz, vero gioiello incastonato nelle fredde e lussureggianti terre dell’est teutonico, che ha conservato fino ai giorni nostri addirittura la trazione a vapore per il normale servizio pendolare. E bisogna vedere la pesantezza delle composizioni: convogli da svariate carrozze piene zeppe tutto l’anno; di pendolari, certo, ma soprattutto di migliaia e migliaia di turisti che, da tutto il mondo, viaggiano attraverso l’Hartz per ammirare una vaporiera o una automotrice d’epoca sferragliare allegramente sui piccoli binari di questa compagnia. Ed allora, cosa ci dice la foto? Lo scatto ci parla di una stazione colma di gente, certamente molti di più di quelli che si potrebbero immaginare se si trattasse di soli pendolari. E - sorpresa - tanti, tantissimi teleobiettivi puntati. Su cosa? Un monumento? un paesaggio? O non sarà mica il treno il bersaglio di quegli scatti?
La foto parla chiaro…
Proseguiamo verso destra. Cosa ci tocca vedere ora? La nostra bella stazione di Selinunte, “oggi”.
Il F.V. è indubbiamente ben tenuto, così come il magazzino merci. Gli edifici mantengono un decoro notevole, merito del comune di Castelvetrano innanzitutto, che ha in gestione tali manufatti. Comune che ha voluto perfino mantenere - segno di attenzione - un tratto di binari e le banchine originarie della stazione, a testimonianza di ciò che fu. Ma ci (e vi) chiediamo, guardando la giornata tipo di una stazione dell’Hartz (così come di altre decine e decine di impianti dislocati tra le varie ferrovie turistiche europee): non è un delitto osservare dei tristi tratti monchi di rotaie sapendo quel che potrebbe diventare questo - per ora - desolato spazio? Davvero un parcheggio è il massimo che quest’area può offrire, a cui si può aspirare? E’ solo l’automobilista che posteggia sull’ex piazzale binari il massimo flusso sviluppabile da questo perimetro carico di storia? Sapendo che a pochi km di distanza - quelli ancora oggi scanditi dal binario in opera che sale fino a Castelvetrano - giacciono proprio quelle RALn 60 che tanti appassionati europei in passato hanno fotografato e continuano a fotografare, non è forse una occasione sprecata lasciare che la EX stazione di Selinunte rimanga un EX luogo, anzi, un NON luogo, quando potrebbe invece diventare, con uno sforzo economico nemmeno esagerato, uno dei punti più vitali e attrattivi della provincia e della regione, con un sicuro ritorno di immagine anche in termini di immagine mediatica (e non solo)? Perché su quelle storiche banchine non sostituire le erbacce e il vuoto con un nuvolo di turisti allineati e festanti, armati di macchine fotografiche in attesa, usciti dal parco archeologico, del loro oggetto di interesse, quel “trenino” storico che li accompagnerà all’interno di una riserva naturale o verso un hotel o un museo della città di Castelvetrano (magari quello ferroviario)?
Meditate, Gente, meditate…