Con questo confronto fotografico vogliamo aprire una serie di riflessioni sul potenziale inespresso della “nostra” ferrovia Castelvetrano-Selinunte. Un’immagine vale più di mille parole e siccome, mettendo il naso appena fuori dalla porta di casa (Italia), gli esempi certo non mancano, siamo certi, con tale artificio, di veicolare un messaggio forte e diretto: la ridotta sicula più conosciuta non è solo ruderi e resti di un passato glorioso. Va cioè svelato ai più il reale valore turistico e di sviluppo potenziale del territorio (quello culturale è già assodato per fortuna) che i mezzi e le infrastrutture superstiti dello scartamento ridotto siciliano, miracolosamente giunti fino a noi, hanno. Un “tesoro” che andrebbe accudito, restaurato e riportato a nuova vita, (all’estero si sarebbe fatto da tempo) e che invece giace non sfruttato.
Stavolta rivolgiamo i nostri sguardi ai depositi locomotive. Cosa è un deposito? E’ un luogo pieno di vita, una complessa ed articolata struttura industriale quando si parla di impianti a servizio di linee aperte all’esercizio commerciale.
E i depositi delle linee turistiche, invece, come sono fatti?
Beh, in questo caso, un posto già affascinate di suo sul piano tecnico (e spesso anche architettonico) diventa un ulteriore elemento di richiamo della ferrovia. Si potrebbe anzi affermare che i depositi locomotive delle ferrovie turistiche siano il vero cuore pulsante della infrastruttura e sono generalmente studiati e/o elaborati sia per supplire alle normali e necessarie esigenze di rimessaggio, manutenzione, restauro dei mezzi che prestano servizio in linea, sia per poter affrontare le visite del pubblico, spesso e volentieri utilizzando come richiamo principale non tanto e non solo il rotabile in se ma “mostrando”, offrendo, come fosse uno spettacolo, il lavoro che viene ivi svolto. Da personale qualificato così come da volontari.
E che genere di lavori si potranno mai effettuare in una struttura così versatile? Sinceramente di tutto. Le linee turistiche si rifanno concettualmente ai tempi in cui la ferrovia non conosceva automatizzazioni, computer, fondi milionari, attrezzature all’avanguardia. Spesso, fino alla prima metà del secolo scorso, bisognava anche sapersi arrangiare. E con un po' di attrezzature, un carro-ponte, qualche tornio, fresatrici da banco, un crogiolo e tanta, tanta esperienza, le locomotive a vapore riuscivano a scorrazzare per decenni. In un deposito di una ferrovia turistica questi ritmi sono, per così dire, fatti propri concettualmente e trasformati in moderni ed indispensabili flussi di lavoro, complice la gestione certamente più semplice e snella del traffico che bisogna garantire. E poi vi sono altre considerazioni: spesso si ha a che fare con rotabili o componenti unici, con elementi molto deteriorati, con possibilità economiche non certo elevate. In sostanza, un deposito locomotive di una linea turistica è come una enorme bottega artigiana in cui i “mastri” operai, esperti metalmeccanici, ebanisti, etc. (in una parolai: tecnici restauratori) riparano e manutengono oggetti di indiscusso valore storico e culturale; E tutto questo avviene spesso sotto l’occhio e l’obiettivo del turista (pagante) di turno.
Capita che i depositi vengano realizzati ex novo anche quando si tratta di ferrovie turistiche; ovviamente, il più volte, se si ha la fortuna di avere a disposizione le strutture originarie di una ferrovia preposte proprio a quella funzione, si predilige il recupero e la riconversione di tali impianti. Il risultato non cambia, visto il lavoro di restauro che si richiede e il genere di rotabili attenzionati, non ci sono certo esigenze tecniche o di spazi che una rimessa ferroviaria di ottanta-cento anni fa non possa assolvere egregiamente rispetto ad un capannone moderno. Un deposito di inizio ‘900 può anzi solo impreziosire questa particolare “attrazione” turistica rendendola ancora più accattivante.
E i mezzi? Ogni rotabile all’interno di un deposito è di per se un motivo valido per pagare il biglietto di entrata. Che si tratti di un mezzo accantonato da decenni e rugginoso, in attesa di un futuro, lungo e certosino restauro, ovvero che siano in mostra solo parti revisionate di una bella vaporiera che sta risorgendo dopo anni di oblio e che farà sognare un domani coi suoi sbuffi nel cielo.
Oggi vogliamo mostrarvi il deposito locomotive della DFB Werkstatt a Chur. Ebbene, in quei (nemmeno troppo eleganti) capannoni questa società, nata espressamente per gestire una linea ferroviaria turistica con esercizio a vapore usando solo mezzi d’epoca, mantiene, rimessa e ricostruisce, anno dopo anno, i rotabili che poi andranno ad aggiungersi al parco storico in forza alla suggestiva ferrovia alpina, riarmata, km dopo km, negli ultimi 15-20 anni per opera di un manipolo di matti (parleremo in un prossimo articolo di questa tratta di valico). Nelle foto a sinistra della nostra similitudine (fonte internet) vediamo decine e decine di visitatori intenti a scrutare i progressi su due macchine un po’ “speciali”, le HG 4/4, due mezzi gemelli addirittura ricomprati (e riportati!) dal Vietnam, dopo che la compagnia svizzera li aveva ceduti oltre 60 anni fa appunto al paese asiatico.
Le immagini parlano chiaro.
Bene, vogliamo dare uno sguardo in Sicilia? Le immagini alla vostra destra sono prese direttamente da questo sito e testimoniano l’attuale stato della rimessa di Castelvetrano e dei mezzi dello scartamento ridotto Siciliano ancora esistenti sull'isola (che, ricodiamo, sono vincolati per riconosciuto valore storico). Non possiamo non sottolineare come questo impietoso paragone una volta di più ci porti a dire: "possibile non si riesca a sfruttare degnamente un patrimonio che tutta Europa ci invidia e che sicuramente altrove sarebbe (già) valorizzato e preservato?" Un vero volano per il turismo giace immobile e (non) dimenticato da anni in una terra che non conosce strutture analoghe e che di tutto ha bisogno meno che di altre occasioni sprecate. Non sarebbe il caso di ridare vita alla “nostra” ferrovia per Selinunte?
Meditate, gente, meditate…